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Porti in panne e barche in fila indiana: la (quasi) estate della nautica salentina

Lecce (lunedì, 23 giugno 2025) — È ufficiale: a Castro si ormeggia di nuovo. Da venerdì scorso, infatti, il porticciolo ha riaperto i battenti ai diportisti, facendo capolino in quell’interminabile naufragio amministrativo che ha trasformato la costa salentina da sogno azzurro in secchezza burocratica. Una schiarita, insomma. Ma con l’ombrello ancora aperto.

di Valeria Russo

Se Castro tira su le ancore, Tricase resta giù. Chiuso. Sigillato. A guardarlo oggi, mentre la stagione alta ci saluta già con 35 gradi e altrettanti motoscafi in lista d’attesa, sembra più un monumento alla lentezza amministrativa che un porto. La buona novella castrese, dunque, suona più come un sollievo tardivo che come una soluzione vera: un cerotto su una falla, un brindisi con l’acqua frizzante.

Perché la verità è che mai – e lo dicono pure i vecchi lupi di mare del Capo – si era vista una doppia chiusura simultanea dei due principali approdi turistici della costa. Castro e Tricase, fuori uso insieme, hanno confezionato la perfetta tempesta estiva, dove il vento non lo porta Eolo ma lo soffia l’ufficio tecnico. Il risultato? Centinaia di imbarcazioni senza un posto, operatori con le braccia conserte, e un’economia – quella del mare – in apnea da troppo tempo.

E non è solo questione di yacht milionari: anche il piccolo gozzo con motore arrugginito porta turismo, manutenzione, carburante, pranzo al chiosco, magari un gelato con vista faro. Per ogni posto barca che salta, se ne vanno a fondo interi pezzi di economia locale. E non galleggiano solo i sogni dei vacanzieri, ma pure quelli di chi al porto ci lavora: meccanici, ormeggiatori, ristoratori, operatori stagionali. È un effetto domino, ma con le boe.

Numeri alla mano, la rianimata Castro offre oggi 160 ormeggi, di cui solo 5 per chi passa e scappa. Tricase, teoricamente, ne conterebbe 210. Ma resta chiusa, e la matematica non consola: da quasi 400 posti potenziali, siamo scesi a poco più di 250 disponibili. Il mare, insomma, è grande, ma i posti sono pochi. E chi non ha prenotato a gennaio oggi vaga tra i moli come un Ulisse con Google Maps.

La mappa degli sfrattati conduce inevitabilmente a Otranto. Ma anche qui, sorpresa: il porto comunale potrebbe ospitare 270 barche, ne tiene 150. Il motivo? I fondali sono talmente insabbiati che più che un porto sembra una spiaggia. Nonostante tutto, sette posti transito ci sono – una goccia nel mare, ma sempre meglio di niente. A dare man forte c’è la Lega Navale (300 ormeggi e 20 transiti extra), e le piccole realtà come Amco e Assonautica, che fanno quel che possono: quattro posti qui, quattro là, tutto in tempo reale sul sito, dice il presidente Tronci. Non è digitalizzazione, è resistenza.

Intanto qualcuno ha già pagato per ormeggiare dove non può attraccare. Qualcun altro ha versato per un periodo che non coincide col calendario reale. Neanche la burocrazia riesce a mantenere le sue promesse, in mare. E intanto monta il rischio di contenziosi legali, mentre l’orizzonte economico resta fermo: immobili i motori, e pure i ricavi.

La riapertura di Castro, certo, è un gesto di speranza. Ma è un salvagente, non una scialuppa. Serve una rotta chiara, e possibilmente anche qualcuno al timone. Altrimenti sarà l’ennesima estate salentina con il sole in faccia, il vento in poppa… e il motore spento.

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Last modified: Giugno 23, 2025
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