Lecce (domenica, 29 giugno 2025) —. Srotolare una pedana sulla sabbia, in apparenza, non sembra un gesto rivoluzionario. Non scuote i governi, non riempie le piazze, non buca i titoli dei telegiornali.
di Valeria Russo
Eppure, a pensarci bene, è una dichiarazione d’intenti precisa. È un modo gentile, ma fermo, di dire: qui tutti hanno diritto a un posto al sole. Anche se ci arrivano con una carrozzina invece che a piedi nudi.
A Gallipoli, che già dal nome sembra un sogno d’estate a cielo aperto, il Comune ha deciso di passare dalle parole ai fatti. Grazie a un finanziamento regionale (la solita formula che sembra uscita da un faldone, ma che ogni tanto si traduce in qualcosa di buono), le spiagge libere non saranno più riserve per chi può correre sulla sabbia come nei film. Saranno – almeno nelle intenzioni – davvero di tutti.
L’assessora al Welfare, Tonia Fattizzo, l’ha detto con un entusiasmo che somiglia molto a un programma politico fatto di ombrelloni e dignità: “Il nostro mare dev’essere per tutti”. Il che, detto a Gallipoli, vale più di cento convegni sull’inclusione. Perché lì il mare è una religione civile, un patrimonio sensoriale, un diritto naturale. E renderlo accessibile significa aprire la porta della bellezza anche a chi spesso, troppo spesso, resta fuori.
Non si tratta solo di rampe o sedie da spiaggia modello Job, che in altre epoche sarebbero state considerate gadget futuristici e oggi sono – giustamente – attrezzatura minima per una civiltà che vuole definirsi tale. Si tratta di visione. Di voler trasformare le spiagge in piazze, i granelli di sabbia in occasioni di incontro. E così anche l’accessibilità diventa un pretesto per dire qualcosa di più ampio: che la disabilità non è assenza, ma presenza non ancora riconosciuta fino in fondo.
Rossana Nicoletti, consigliera delegata all’Ambiente, fa notare che la Bandiera Blu non è solo un premio da mettere in bacheca, ma un vincolo morale. E allora, ecco che all’accessibilità fisica si aggiunge quella sociale: animazioni, giochi, mattinate dedicate ai ragazzi con disabilità. Un mare che accoglie e diverte, senza liste d’attesa o barriere invisibili.
Non è solo inclusione, è lungimiranza. Anche perché – mentre il resto del Paese discute di spiagge “libere ma privatizzate”, tra ricorsi e concessioni – Gallipoli tira dritto su una linea di costa più giusta. I numeri parlano chiaro: 51 postazioni di salvataggio fino a metà settembre, con una cadenza più regolare di certe linee ferroviarie. Sei pubbliche, le altre affidate ai privati. Ma tutte con un compito comune: vegliare sul diritto più semplice e più fragile che abbiamo d’estate. Quello di stare tranquilli, di stare bene.
E allora sì, forse srotolare una pedana sulla sabbia può essere davvero un gesto rivoluzionario. Un piccolo atto di civiltà che non fa rumore, ma lascia impronte. Anche quando chi arriva non cammina.
Last modified: Giugno 29, 2025