Lecce (domenica 29 giugno 2025) —. Dietro ogni sigla medica c’è una persona. Dietro ogni diagnosi, una vita che si accartoccia su se stessa come carta bagnata. Il mesotelioma – che già nel nome suona come una formula estratta da un laboratorio segreto – è uno di quei mali che arrivano tardi e restano troppo poco per lasciare spazio alla speranza. Ma abbastanza per lasciare dietro di sé un cratere.
di Valeria Russo
Ogni anno, in Italia, sono circa 1500 i nuovi casi. Numeri piccoli, se li guardi da lontano. Immensi, se li guardi negli occhi. Tumori rari, dicono. Come se la rarità fosse un pregio. E invece è un ostacolo, un isolamento. Vuol dire terapie complesse, medici difficili da trovare, diagnosi che si rincorrono per mesi. Vuol dire partire da Lecce o da Bari o da Taranto per cercare risposte a Milano, o a Roma, in quella geografia sanitaria che somiglia a una diaspora.
La Puglia, che della bellezza ha fatto bandiera, qui si scopre anche terra ferita. Le province più colpite, non a caso, sono quelle industriali: Bari e Taranto. Là dove l’amianto – il grande veleno del progresso – ha lasciato più di un debito in sospeso. E così, anche se è stato messo al bando nel 1992, continua a mietere vittime con la pazienza crudele di chi sa aspettare: quarant’anni di silenzio prima di bussare alla porta.
Quando arriva, il mesotelioma non fa complimenti. È già avanti, già dentro. Ti lascia poco tempo e ti chiede molto coraggio. A chi lo affronta, il coraggio non manca. Mancano invece – spesso – medici, centri specializzati, percorsi chiari. E il diritto a una cura che sia anche umana, oltre che clinica.
La soluzione, dicono in molti, si chiama rete. Che non è solo un termine da convegno, ma una cosa concreta: condividere esperienze, unire competenze, non lasciare nessuno da solo. La rete MET.I (MEsotelioma Team Italy) è nata per questo. Mette insieme ospedali, università, medici, pazienti. In Puglia, l’Ospedale Oncologico Giovanni XXIII di Bari è oggi un punto di riferimento, ma l’obiettivo è allargare il fronte: più ospedali, più prossimità, meno solitudine.
E mentre le istituzioni promettono – con la solita voce bassa dei lavori in corso – l’approvazione di un PDTA, cioè un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, ci sono quelli che non aspettano. Si muovono. Agiscono. Ascoltano. Sono le associazioni, quelle che spesso fanno più della burocrazia e più della medicina. Come TUTOR, che sta per Tumori Toracici Rari. Ma che, nella sostanza, è una mano tesa, una voce amica, un navigatore per chi si perde.
TUTOR è fatta di pazienti e familiari. Gente che ha già attraversato il guado e ora aiuta gli altri a non affogare. Organizzano webinar (Open TUTOR), consulenze gratuite (la Helpline), e incontri mensili per raccontarsi, “A tu per TU…TOR”. Che sembra uno slogan pubblicitario, ma è in realtà una formula antichissima: parlarsi per salvarsi.
Grazie al lavoro di questa rete e al sostegno del comitato scientifico di MET.I, nel 2025 è arrivato anche un piccolo miracolo normativo: l’approvazione della seconda linea di trattamento immunoterapico, estesa al mesotelioma epitelioide. Non sarà la soluzione definitiva, ma è un passo. E chi è abituato a contare il tempo in esami e cicli di chemio, sa bene quanto conti ogni passo.
Il mesotelioma è un nemico che non si vede arrivare. Ma non si può affrontare da soli. Serve una rete di cura, di conoscenza, di dignità. Serve uno Stato che non dimentichi. Serve una comunità che non si giri dall’altra parte.
La malattia è rara, ma il bisogno è comune.
E a ben guardare, non c’è nulla di più umano del voler condividere anche il dolore, per renderlo un po’ meno insopportabile.
Per informazioni:
Sandra Cavone – Referente TUTOR Lecce
✉️ sandra.cavone@tutortumori.org
Last modified: Giugno 29, 2025