Lecce (Lunedì, 23 giugno 2025) — Ogni anno è la stessa storia: giugno arriva col sole, e insieme a lui si riaccende la polvere d’incenso dell’inferno verde. Tanto basta, infatti, a scatenare roghi su roghi, uno dietro l’altro, mentre i telefoni dei vigili del fuoco squillano ininterrottamente e mezzi e uomini fanno quello che possono — ossia troppo poco, sempre.
di Valeria Russo
Il Salento, insomma, scioglie il cuore verde sotto la morsa delle fiamme, con impressionanti numeri alle spalle: fino a 30 incendi al giorno, 1.400 solo in poco più di due mesi a partire da giugno . Un record di sterile intensità, come se l’estate fosse un rito collettivo in cui ardere diventasse una consuetudine.
C’è però un dettaglio che rende questo ritornello ancora più amaro: non sono solo piromani, il caldo o i turisti smodati a incendiare la macchia mediterranea. No, sono anche gli ulivi malati, vittime della Xylella, prima martiri, poi caricati di fuoco — un metodo “barbaro” ed economico, chiamato con delicatezza “tradizione contadina”, che però è un mezzo rapido per disfarsi di alberi seccati, scaricando sul territorio il fardello anziché curarlo .
Il risultato è un mix esplosivo: terreni abbandonati, sterpaglie che crescono selvatiche, divieti ignoti (“in estate non si tocca nemmeno un fiammifero”), e scintille che volano per decine di metri, trasformando un rigurgito domestico in un incendio che mangia la pineta e minaccia i centri abitati .
Ma il peggio è che sappiamo tutto questo, lo sappiamo bene. Eppure ci giriamo dall’altra parte, come turisti con la crema solare in tasca: pronti a godere la spiaggia, ignorando il fumo che si alza a destra e a sinistra.
Controlli? Ci sono, ma spesso arrivano tardi e con compassione elettorale: le fasce tagliafuoco dovevano essere pronte il 31 maggio, obbligo che vale da anni. Eppure i vigili del fuoco denunciano l’incuria diffusa: bordi stradali, aiuole, aree incolte diventano autostrade per le fiamme .
Sanzioni? Esistono, ma sono timide: 800–1.600 € per chi brucia residui vegetali, reclusione solo se l’incendio boschivo causa danni gravi o dolosi . Eppure, quando le fiamme scattano, spesso lo fanno dove possono procurare vantaggi: azzoppare il terreno di un vicino, costruire senza ostacoli, magari pure incassare qualche fondi a pioggia.
Nel frattempo, i Carabinieri Forestali pattugliano con droni, la Procura accende inchieste, la Prefettura convoca riunioni. Ed ecco il puzzle delle responsabilità: amministratori inadempienti, controllori che trasgrediscono, cittadini che sospirano “è un alibi sistemico” e delegano le colpe all’“altro-da-noi” .
La soluzione? Nessuna retorica, nessuno scaricabarile. Serve un cambio di registro: sanzioni certe, controlli preventivi severi, commissariamenti lampo a enti inadempienti. Non basta rimandare l’arrivo di uomini, mezzi e denari a un domani indefinito. È come preparare una sinfonia annunciando che un giorno chissà ci sarà un direttore — mentre la musica brucia già.
Perché il Salento, tra cartoline e slogan turistici, è prima di tutto un paesaggio vivo. E non ci regala melodie gratuite: ce le dovremmo meritare con la cura, la responsabilità e – soprattutto – con uno sguardo vigile che non si lascia accecare dai riflessi delle spiagge.
Last modified: Giugno 23, 2025