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Gondar diventa grande: diciotto anni di festa e utopia popolare sotto il cielo di Gallipoli

Lecce (mercoledì, 25 giugno 2025) — Diciotto anni. L’età delle scelte definitive, o almeno così si racconta a se stessi quando si sta ancora imparando a vivere. Anche un luogo, come una persona, può raggiungere la sua maturità simbolica.

di Valeria Russo

È il caso del Parco Gondar, il colosso salentino dell’intrattenimento che ormai non è più solo un “posto dove si va a ballare”. È diventato una specie di epicentro culturale, musicale, sociale – e, sia detto senza troppe ipocrisie, anche commerciale – in cui l’estate italiana, almeno quella che pulsa di ritmo e sudore giovanile, trova la sua cattedrale laica.

Sette palchi, trenta serate, duecentocinquanta artisti. La stagione 2025 si annuncia come un’orgia organizzata di musica, luci, corpi in movimento, elettronica e urban, street food e tattoo. Una cosa, insomma, che i nostri nonni avrebbero chiamato “Babilonia” e noi chiamiamo “festival”. Ma nel bene e nel male, Gondar è il laboratorio più riuscito del nuovo Sud: quello che ha smesso di piangersi addosso e ha cominciato a trasformare la propria bellezza in valore. Economico, ma anche simbolico.

Il programma è uno di quei cataloghi da scorrere come si faceva con l’Enciclopedia dei Ragazzi: The Chemical Brothers, Guè, Sfera Ebbasta, Cristina D’Avena (con i Gem Boy, per aggiungere il giusto grado di postmoderno). Poi i cartoon, i cosplay, le serate a tema anni ’90 e anni 2000, come a dire che ormai anche la nostalgia è diventata una forma di marketing esperienziale. Non manca lo sport, con l’Apulia Sport Convention, né la sostenibilità, con l’arrivo del bus green BusForFun e le partnership istituzionali. E sì, ci sono anche yoga e massaggi, che nella frenesia sudata dei live fanno quasi tenerezza, come un fiore di campo in mezzo a un rave.

Ma il vero cuore del progetto – e qui ci si emoziona davvero – è l’idea che un luogo come questo possa contribuire non solo a riempire le notti, ma a riscrivere il ruolo stesso del Sud nel sistema Italia. Federalberghi Lecce lo dice chiaramente: il Parco Gondar è un motore di sviluppo, un attrattore economico, un “hub gestionale, culturale e ambientale”. Parole che sembrano uscite da un seminario universitario, ma che lì, tra la pineta e il lungomare di Gallipoli, prendono forma in modo tangibile.

È un Sud che suona, che balla, che lavora, che sperimenta. E che non si vergogna più del suo dialetto, del suo sole, della sua birra Raffo – partner principale dell’evento – che racconta l’orgoglio pugliese più di mille conferenze stampa.

Dietro le luci, ovviamente, c’è anche la macchina. Gli sponsor, gli organizzatori, la Regione, i brand di gin e di tatuaggi. Ma sarebbe sbagliato liquidare tutto come una gigantesca vetrina commerciale. Perché Gondar è anche un’utopia popolare, un luogo dove migliaia di ragazzi si sentono parte di qualcosa, fosse anche solo per il tempo di una traccia di Indira Paganotto o di una lacrima al ricordo delle medie cantando “Teenage Dream”.

Il Parco Gondar non è solo un festival. È una specie di cittadella provvisoria dove si costruisce, sera dopo sera, una nuova idea di futuro. Un futuro fatto di suoni, colori, libertà – e sì, anche di business. Ma che importa? Se serve anche il commercio per far ballare il cuore del Sud, ben venga. L’importante è che quel cuore continui a battere.

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Last modified: Giugno 25, 2025
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