Lecce (lunedì, 30 giugno 2025) — Nel Salento, terra che ha l’aria di essere già stata tutta scavata dal tempo, dal vento e dai turisti, c’è ancora chi scava sul serio. E non metaforicamente. Scava con pala, pennello e pazienza certosina, alla ricerca di tracce sepolte che raccontino non di lidi e tramonti, ma di granai, monaci e culture perdute.
di Valeria Russo
Succede a Melendugno, dove l’Abbazia di San Niceta – finora poco più che un’eco nei ricordi locali – sta tornando a parlare grazie a un gruppo di archeologi, studiosi e studenti. Il Comune, insieme al Consorzio interprovinciale universitario del Salento, ha vinto un bando (le buone notizie nascono anche da un modulo compilato bene) che riattiva una campagna di scavi scientifica sotto la direzione di Marco Leo Imperiale, archeologo medievista con nome da imperatore bizantino e mestiere da paziente tessitore del passato.
L’invito è aperto: studenti, laureandi, dottorandi, futuri Indiana Jones dell’Adriatico, si cercano volontari per due settimane di settembre, in cambio di crediti formativi, vitto, alloggio e – cosa rara – il privilegio di sporcare le mani con qualcosa di più antico della plastica. Le campagne di scavo si terranno dal 1 al 12 e poi dal 15 al 26 settembre: un doppio turno per chi vuole dissotterrare non solo reperti, ma anche storie.
Archeologia del grano, e di ciò che siamo stati
A San Niceta, già sono riaffiorati venticinque silos medioevali pieni di grano. A pensarci oggi, fa quasi tenerezza: granai sotterranei, come caveau del cibo, come bunker della speranza. Una scoperta che certifica l’antico ruolo dell’Abbazia: non solo spirituale, ma economico, snodo vitale tra Casole, Otranto e il cuore agricolo del Salento. Non un eremo, ma una piccola centrale operativa del Medioevo meridionale.
Il sindaco di Melendugno, Maurizio Cisternino, parla con la fierezza contenuta di chi sa che la storia non si inventa: si scopre, si interpreta, si riscopre. “Per troppo tempo San Niceta è stata amata più con l’affetto che con la conoscenza. Oggi, finalmente, possiamo capire quanto fosse centrale nella geografia culturale ed economica della nostra terra”, spiega.
Una sinfonia a più mani
Il progetto è corale. Dentro ci sono l’Università del Salento, la Facoltà di Beni culturali, la Soprintendenza, la Provincia, i progetti internazionali Byzantine Heritage of Southern Italy e Populating Byzantine Southern Italy – nomi lunghi come gli atti di un convegno, ma carichi di significato.
E non finisce qui: per settembre è prevista una presentazione pubblica, con video e ricostruzioni digitali degli affreschi della chiesetta. Così l’archeologia diventa spettacolo, scienza con un pizzico di magia, utile per spiegare ai cittadini che scavare il passato può voler dire risanare anche un po’ il futuro.
Perché nei solchi della terra, in fondo, finiamo sempre per trovarci dentro anche noi. E non è un caso che, tra tanti slogan, l’unico davvero onesto sia ancora quello dei contadini: si raccoglie solo dove si è seminato.