Scritto da 5:39 pm Lecce, Attualità, Top News

Il treno che non corre, ma cura

Lecce (lunedì, 30 giugno 2025) — Non fischia, non corre sui binari, non ha orari da rispettare né ritardi da spiegare. Ma arriva comunque puntuale, là dove serve. Si chiama “Treno delle Meraviglie” ed è un treno strano, senza rotaie, fatto di sensi invece che di vagoni, di odori invece che di valigie. Viaggia lento, perché è pensato per i piccoli pazienti dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. E il suo biglietto non ha prezzo: è un dono.

di Valeria Russo

A portarlo fin lì sono stati i giovani del Rotaract Lecce Barocco, ragazzi con la cravatta stretta e il cuore largo, sostenuti dal Rotary Club Lecce Sud. Il treno, in realtà, è un carrello multisensoriale, una creatura nata negli anni Settanta nei Paesi Bassi sotto il nome esotico di Metodo Snoezelen – che più che una terapia, sembra un incantesimo. E un po’ lo è.

Cinque vagoni, uno per ciascuno dei sensi: vista, udito, tatto, olfatto, gusto. Dentro, oggetti e stimoli selezionati con cura da psicologi e terapeuti: luci soffuse, melodie gentili, essenze leggere, tessuti da toccare, piccoli sapori da assaporare. Tutto studiato per offrire ai bambini ricoverati un’esperienza alternativa, accogliente, capace di sospendere – anche solo per un attimo – la fatica della degenza.

Un vagone di luce. Uno di suoni. Uno che profuma di lavanda. Uno che fa ridere. Uno che consola.

Lo chiamano “unità mobile”, ma sarebbe più giusto chiamarlo rifugio portatile, un vagone di sogni parcheggiato in corsia, che gira tra Chirurgia pediatrica, Oncoematologia e perfino Geriatria, perché la meraviglia – quando è fatta bene – non ha età. Lì, dove le giornate sono scandite da flebo e silenzi, il Treno delle Meraviglie diventa una piccola rivoluzione: silenziosa, gentile, profondamente umana.

Alla presentazione ufficiale erano in molti: medici, psicologi, dirigenti sanitari. E poi i volti sorridenti delle socie Rotaract, Gloria Melcarne Nicolì e la psicologa Benedetta Serio, che questo progetto lo hanno ideato, curato, accudito. Come si fa con le cose preziose.

E tra una dichiarazione istituzionale e una stretta di mano, la consapevolezza comune è emersa con chiarezza: curare è anche prendersi cura, e ogni alleanza fra sanità pubblica e volontariato è una vittoria della civiltà sulla burocrazia.

Il metodo Snoezelen – mezzo secolo di storia e nessuna pretesa di onnipotenza – ha già dimostrato di alleviare l’ansia, il dolore, la solitudine, specialmente nei pazienti fragili. Non fa miracoli, certo. Ma crea ambienti migliori. E questa, in ospedale, è già una forma di guarigione.

“I bambini non prendono il treno delle meraviglie per andare via – spiegano i ragazzi del Rotaract – ma per restare, in un posto dove anche il dolore può essere ammorbidito dalla bellezza”. Parole leggere come piume, ma con dentro tutto: l’idea che la cura sia anche immaginazione, gentilezza, capacità di pensare che anche in un reparto si possa viaggiare. Non via, ma dentro. Più vicini a se stessi.

E se la sanità italiana avesse più treni come questo – senza rotaie né vagoni, ma pieni di empatia – forse il viaggio sarebbe un po’ meno faticoso per tutti.

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Last modified: Giugno 30, 2025
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