Scritto da 5:32 pm Lecce, Attualità, Top News

Solstizio d’estate, un inchino al sole (e un po’ anche a noi stessi)

Lecce (sabato, 21 giugno 2025) — Alle 5:31 del mattino del 21 giugno, secondo l’implacabile orologeria del cosmo, il Sole ha raggiunto il suo zenit boreale. Un gesto preciso, millimetrico, come la mano esperta di un violinista sul do: e noi, umani e distratti, gli abbiamo fatto appena caso.

di Valeria Russo

Peccato. Perché in quell’attimo – un attimo vero, cronometrato – l’estate ha preso possesso del calendario, non quella meteorologica, con le sue bizze, ma quella che piace agli scienziati: astronomica, ufficiale, senza capricci.

È il giorno più lungo dell’anno, una scorpacciata di luce che ci concede 15 ore e 14 minuti di giorno pieno, come se il cielo volesse offrirci un overtime gratuito prima della discesa verso il buio. Già da domani – non ditelo ai vacanzieri – le giornate cominceranno ad accorciarsi. Lentamente, certo, come un addio educato, ma inesorabilmente. Fino a dicembre, fino al cugino malinconico del Solstizio d’Estate: quello d’inverno, col fiato corto e il cappotto addosso.

Il solstizio, a ben vedere, è un’ossessione antica. Se oggi ci limitiamo a scrollare un’app del meteo, migliaia di anni fa lo si celebrava con fuochi, danze, pietre allineate e occhi al cielo. Prendete Stonehenge, ad esempio: questo circolo neolitico nel cuore del Wiltshire, che ancora oggi richiama mistici, turisti e nostalgici del flauto di Pan. Le sue pietre verticali, tanto enigmatiche quanto fotogeniche, sembrano inchinarsi proprio al sole nascente del solstizio. Non è romanticismo: è geometria, astronomia, forse anche superstizione, ma comunque un modo nobile e arcaico per dire che il Sole comanda.

E non comanda solo sugli orologi celesti: comanda anche su di noi. Lo sanno bene gli yogi, quelli veri e quelli del sabato mattina, che ogni 21 giugno celebrano la Giornata Internazionale dello Yoga con una pratica millenaria: il Saluto al Sole. Che, non a caso, è un inchino. Un inchino all’astro che ci scalda, ci nutre, ci abbronza e ci sveglia: non è forse una divinità travestita da stella?

Il Surya Namaskar, nella sua coreografia circolare di dodici posizioni, imita il moto delle lancette e del cosmo. Si parte in piedi, mani giunte (come a dire: buongiorno mondo), si saluta il cielo, ci si piega alla terra, si slitta in avanti, si tende il corpo, si onorano otto punti di contatto col suolo (come otto petali di una preghiera muta), e si risale verso la luce. Il tutto, preferibilmente all’alba, quando l’oriente arrossisce e noi, piccoli e volenterosi, tentiamo l’unità con qualcosa di più grande di noi. Un Dio, forse. O solo il Sole, che basta e avanza.

Nel frattempo, in Svezia, in Grecia, in Romania e un po’ ovunque nel continente che fu pagano e poi cristiano (ma certi riti resistono), si balla attorno al fuoco per cinque giorni. Si canta alla luce, si beve, si raccontano storie. A metà strada tra astronomia e leggenda, tra la scienza e il bisogno ancestrale di celebrare il ritmo ciclico della vita. Che ci piaccia o no, il Sole ci governa ancora.

E allora, in piedi. Le mani giunte, lo sguardo a est. Facciamo pace con l’universo, almeno per un giorno. O almeno finché non torni l’inverno.

Condividi la notizia:
Last modified: Giugno 21, 2025
Close